Continuano le polemiche
Anche la stampa nazionale segue con interesse le vicende legate alla nuova Basilica di Leuca.
Dal quotidiano on-line "la Stampa.it"
La guerra tra Chiesa e ambientalisti per il nuovo megasantuario sul mare
Di Giuseppe Salvaggiullo (inviato a Leuca)
La Chiesa lo vuole, Dio forse, gli ambientalisti certamente no. Un nuovo megasantuario vista mare, adagiato sull’ultimo lembo d’Italia, a Santa Maria di Leuca, nel cuore del parco naturale e della zona archeologica, per far decollare il business del turismo religioso. Gli oppositori l’hanno ribattezzato «il teomostro» e organizzano «pellegrinaggi di protesta» al grido «In Salento più preghiere e meno cemento». Il parroco si appella al Concordato, raccoglie firme tra i fedeli, pronuncia omelie infuocate contro «agnostici, razionalisti e atei ambientalisti». E ha appena vinto la prima battaglia, ottenendo il sì del Comune al progetto, grazie al voto del centrodestra e alla benevola astensione del Pd. Il santuario dovrebbe sorgere proprio qui, accanto alla vecchia basilica del Settecento, non a caso chiamata «De finibus terrae». Luogo dello spirito battuto dalla tramontana, dove s’incrociano due mari e tante leggende: antico tempio di Minerva, approdo di Enea, tappa di San Pietro verso Roma, teatro di furibondi assalti saraceni. Sacro e profano. Come l’ambizioso progetto da 7 milioni di euro, per edificare il nuovo santuario da mille posti, grande la metà di un campo di calcio e alto 13 metri. «Non vogliamo fare una guerra di religione, ma qui sbancheranno tutto il promontorio, è assurdo», dice Marcello Seclì di Italia Nostra, leader della protesta, indicando il costone di roccia. «Ma quale teomostro, l’impatto ambientale è risibile - si inalbera pochi metri più in là, in sagrestia, don Giuseppe Stendardo -. La verità è che c’è un pregiudizio anticattolico e anticlericale: vogliono impedire la costruzione di un luogo sacro. La vecchia basilica con 250 posti è insufficiente per i pellegrini. Ogni anno ne arrivano un milione, ma non c’è posto. Sono costretto a dire 8 messe al giorno! Non si può andare avanti così».
La sfida sul sagrato
Rettore del santuario da vent’anni e prossimo alla pensione, don Giuseppe coltiva il sogno di lasciare in eredità la grande opera. E di fronte al veto ambientalista, aveva pensato bene di far benedire la prima pietra nientemeno che a Benedetto XVI, venuto qui in visita otto mesi fa. Chi avrebbe poi potuto bloccare il santuario dopo la benedizione del Papa? Gli è andata male perché è stata la stessa Curia a frenarlo, per evitare spiacevoli polemiche durante la visita del Santo Padre. «Volevo forzare i tempi, però il vescovo mi disse: lasciamo stare il Papa», ricorda don Giuseppe con visibile amarezza. Ma il parroco insiste. Non si cura dei malumori di certi colleghi, perplessi dal desiderio di grandeur. Né rifiuta il guanto di sfida degli ambientalisti. I quali la domenica salgono al vecchio santuario, stendono sul sagrato gli striscioni contro «l’ecomostro di Dio» e raccolgono le firme - finora 1500 - per bloccarlo. Per nulla intimorito, il reverendo ha lanciato una contro-raccolta, sventolando durante la messa il sorpasso: «Siamo a quota tremila». La guerra è solo alle prime schermaglie. La zona ha mille vincoli - urbanistici, paesaggistici, archeologici - e superarli non sarà facile, nonostante il Concordato preveda deroghe per le chiese e il Comune abbia dichiarato la «pubblica utilità» dell’opera. E se don Stendardo ha «molta fiducia nella provvidenza di Dio», il sindaco Antonio Ferraro mette le mani avanti: «Abbiamo ragionato da laici. Il progetto non ha un impatto ambientale devastante e può rappresentare un’occasione per lo sviluppo del turismo religioso».
Più affari per tutti
Già, perché in questa storia non tutto è spirituale. Il sogno nemmeno tanto nascosto è quello di fare di Santa Maria di Leuca un clone di San Giovanni Rotondo. E quindi bisogna pensare in grande: «Mille posti a sedere, ampio presbiterio con annesso palco per 40 sacerdoti concelebranti, penitenzieria con almeno 10 postazioni confessionali, aule per la catechesi e attività connesse, sala prove per il coro, prima cappella per l’Annunciazione e seconda cappella votiva». E all’esterno «parcheggio per pullman, luoghi di accoglienza e ristoro, percorsi panoramici, giardino terrazzato, sagrato allargato per ospitare un Festival internazionale di una settimana, attività commerciali per la vendita di prodotti tipici e oggetti religiosi». Lo dice perfino la relazione tecnica allegata al progetto: oltre ad assolvere a «improrogabili esigenze di culto», il santuario garantirebbe «un sensibile aumento delle presenze di pellegrini e turisti anche nell’hinterland». E quindi la possibilità di acchiappare una parte dei 4 miliardi di euro che il turismo religioso muove ogni anno in Italia.
Vecchie e nuove velleità
Ambizione che ha non poche assonanze con quella che, qualche anno fa, aveva inebriato politici, imprenditori e perfino alcuni parroci: fare di Leuca una nuova Montecarlo con santuario, pista per aerei privati nel porticciolo turistico e casinò. Si arruolò persino un fantomatico principe di Leuca con tanto di stemma, cerimonia religiosa di investitura, bagno di folla e persino, recitano le cronache, «l’omaggio solenne dell’Ambasciatore dell’Ordine Teutonico di Kaliningrad (Russia)». Finì in una bolla di sapone, con le ruspe fermate appena in tempo, mentre demolivano la costa e gettavano il cemento nel borgo dei pescatori per fare atterrare i mini jet della bella gente di mezza Europa. Ora le velleità di Leuca sono a sfondo turistico-religioso. «Dio mi ha sempre aiutato», sospira don Giuseppe con gli occhi al cielo di fronte all’ipotesi di un ricorso al Tar. «Peccato che qui i pellegrini li veda solo lui - replicano gli oppositori del megaprogetto -, in realtà il santuario si riempie solo due mesi d’estate. E poi a San Giovanni Rotondo hanno Padre Pio e i miracoli, mentre qui non abbiamo niente. Né reliquie né miracoli».
Pubblicato il 02/02/2009