Cercando un poco di distrazione
Un salto temporale di 129 anni con Leuca già protagonista.
Parte 2 di 3
Come in un’azione coreografica a un quadro dal colore uniforme, lugubre e spaventoso, uno ne succede tutto luce, tutto gaiezza, così, superata appena la Ristola, ci apparve Leuca, più come un’illusione che come realtà.
Era una fantasmagoria quell’orgia di luce e di colori, e un’immensa tavolozza, o forse uno scenario colossale? Noi ci trovavamo come dinnanzi ad un immenso palcoscenico che a sua volta era un immenso anfiteatro, chiuso a mezzogiorno dalla punta della Ristola, sulla cui cima sorge una tozza torre rossastra, e ad oriente dal promontorio del Meliso su cui giganteggia candido e slanciato il faro, impicciolendo un antico santuario, sorto sulle rovine del tempo di Minerva.
L’occhio corre, distratto, dai camerini che coronano la spiaggia, agli edifizi, più appariscenti per vivacità di colore o bizzarria di disegno, ed ai pinnacoli di quelli posti più dietro, e s’arresta sullo sfondo azzurrognolo formato da collinette che salgono con lieve pendio dopo essersi lasciate lambire dal mare.
Nei brevi momenti che il piroscafo s’indugiò tra la Ristola ed il Meliso, fu una festa degli occhi non mai paghi d’osservare la magica visione.
E quando l’ultima villa scomparve dietro il promontorio, e solo restò, eterno ciclope, il faro, un desiderio vivissimo di vedere davvicino questa maga affascinatrice, ci assalse e tormentò finché non fu soddisfatto.
Pubblicato il 04/04/2020