CORRIERE MERIDIONALE 24 SETTEMBRE 1891 PUNTI, APPUNTI, E PUNTINI … TERZA ED ULTIMA PARTE

13 aprile 2020

Leggendo di Leuca

In una pasquetta diversa …

Parte 3 di 3

Vuole una leggenda, ingegnosamente creata dai preti per accreditare il Santuario di Santa Maria  FinibusTerrae, che a Leuca se non si va vivo, ci si deve andare morto. Quindi anche senza l’uzzolo  che questa marina mi aveva messo addosso, vista dal mare, ci sarei andato; tanto è sempre meglio fare le cose ….. ad occhi aperti.

Leuca è più caratteristica che bella; non è una città, benché ne abbia l’ostensione; non un luogo di villeggiatura sebbene sia popolata di villini; non ha il lusso di vegetazione della marina di Tricase, ma non è la pianura squallida di San Cataldo; non è ricca di acque minerali come Santa Cesaria, ma non ha nemmeno i pezzenti coperti di piaghe di questa; è priva duna passeggiata sulla sabbia fine della riva come porto Cesareo, ma non è angusta come Otranto; è più elegante, nella vita di Santa Caterina, ma è meno poetica di Castro; essa insomma non rassomiglia a nessuna marina.

 

Leuca è appena compiuta nella parte bassa, e solo abbozzata nell’alto; non vie degne di tal nome, non fanali, né lanterne, e nemmeno lumicini, ma sentieri sassosi e case in costruzione.

Or chi conosce l’abituale indolenza dei salentini, accessibili ai facili entusiasmi per cui le cose o si completano presto o non si fanno più, può calcolare quanti secoli ci vorranno perché essa sia compiuta.

Leuca non è stata costruita su un piano prestabilito ed ha quindi tutte le irregolarità dei cento comuni della Provincia. Le più antiche abitazioni hanno una semplicità primordiale, sono come le nonne, senza fronzoli e senza vernice, ma con tanto di cuore.

Le più recenti sono state costruite con altri criteri, imperante la bizzarria, per cui Leuca sembra la sezione architettonica di una esposizione mondiale, la sono rappresentati gli stili di paesi esotici e di secoli scomparsi, quelli dei paesi orientali e delle regioni nordiche, il gotico delle finestre biferi ed il moresco a intagli e trafori, il pompeiano e il francese, la pagoda indiana e lo chalet svizzero.

Tutte queste costruzioni serbano come l’impronta di chi le ha fatte sorgere; sembra che l’ingegnere abbia avuto davanti il ritratto del proprietario nel momento che le disegnava. Accanto alla casa modesta ma vasta per potere contenere la numerosa prole d’ambo i sessi, è il palazzo del millenaro, solido e tutto colonnati come la sua fortuna; o la villa del borghese grasso bracato, che, spropositando con dignità e dando denari ad usura è diventato il fondatario del suo paesello; s’alterna col castello gotico, che sempra più che altro il lavoro paziente d’un perdigiorni col sussidio dell’ ”Arte del Traforo” destinato pel prossimo presepe, il villino civettuolo di gusto moderno, nido di colombi innamorati, o di cocottes d’altro affare.

Le case nell’interno o sono affatto disadorne o non rispondono al lusso esteriore. Uniche che fanno un contrasto spiegatissimo, sono due costruzioni alla pompeiana che, semplici nelle linee esterne, sono splendide all’interno per eleganza e buon gusto.

La popolazione fissa di Leuca è costituita da custodi di queste abitazioni e da pochi marinai, che a tempo perduto fanno da contadini, o viceversa. La popolazione fluttuante è invece formata da famiglie di tutti i signori che ne sono i proprietari. I quali nei mesi tra l’agosto e il novembre, fanno di Leuca il loro Baden – Baden, o il loro villaggio.

Costoro non punge il desio di stazioni balnearie in voga, non amano i viaggi (sono così pericolosi?), odiano gli hotels dove si spende un occhio e si trovano i camerieri in frak che mettono soggezione; preferiscono la calma della loro stanzetta, amano il loro camerino da bagno, che visitano almeno due volte al giorno, amano il loro generoso vino vecchio, o per lo meno lo preferiscono al Bordeaux, hanno la frutta dei loro pomarii, i polli delle loro stie, e si farebbero venire i sorbetti se i loro poderi ne producessero, senza troppa spesa.

A Leuca si trovano riunite le fortune più colossali della provincia, a base di latifondi e di cartelle al portatore, e che non temono le fluttuazioni di borsa; là insomma trovasi tutta l’aristocrazia del denaro. È là che le signore, senza rivali nei paeselli del Capo, ove dimorano, trovano sfogo alle loro tendenze mondane, è là che si sentono solleticare le nari dell’incenso che vien loro bruciato dinnanzi, è là che si fa uno sfoggio stupefacente di equipaggi clamorosi e di abbigliamenti fenomenici, è là che si mettono in mostra i gioielli più abbaglianti e i brillanti che sarebbero solitarii, come cenobiti, se non tenessero troppi compagni.

Leuca è bella nella sintesi. Ad essa l’analisi nuoce come nuocerebbe la vicinanza dell’osservatore ad un fresco del Maccari.

A Leuca sorgerà una chiesa. Mi permetto dare un consiglio: sorga la chiesa, ma senza campane, perché dove son campane non si fanno sonni tranquilli.

Hahhh!!!

 


Pubblicato il 13/04/2020


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