Sud Salento - S.S. 275

Le ruspe all'assalto del Capo di Leuca

S.S. 275 -  Le ruspe all’assalto del Capo di Leuca 
  
    

Sud Salento - «Aspettiamo per decenni un’opera, poi quando arriva diventa un colpo a tradimento». Il contadino che lavora nell’uliveto a terrazza sa tutto del viadotto e dei suoi 26 piloni alti 12 metri. «Parlano, parlano - dice sconsolato - poi decidono sempre i più forti».  Il territorio che si estende, da Nord a Sud, a ridosso della Serra salentina, fin giù verso Santa Maria di Leuca, è più che una campagna. E’ un luogo, direbbe Marc Augé, uno dei più importanti studiosi di antropologia, carico di significati e di simboli: il passato, l’intreccio dei confini, il lavoro incessante delle relazioni umane e l’impegno costante ad allargare gli spazi della vita si presentano insieme, vincono i limiti della storia e diventano attualità.   E’ nella terra delle cripte basiliane che saranno piantati i mostri di cemento. Scelta più infelice e inutile non poteva essere fatta. Delle numerose cripte, la più importante è quella di Sant’Apollonia, con affreschi che segnano secoli di storia e di insediamenti di contadini poveri, dall’ undicesimo secolo al Seicento.   l terrazzamenti delle coltivazioni, i muretti a secco, gli ulivi secolari e i residui di bosco e di macchia mediterranea fanno di questi luoghi uno dei territori   più belli e più umani del Salento. Storia e attualità si sovrappongono e quasi si confondono. E’ come se uomini e piante di olivi abbiano lavorato in modo parallelo per vincere la durezza del territorio: l’uomo per strappare pezzi di terra e proteggerla dalle piogge e dalle acque di ruscellamento che scendono dalla serra e gli ulivi ad affondare le radici dove si raccoglie l’umidità. Terra di contadini poveri, tanto che ne ha assunto il nome, “Pareddhi” in dialetto, appunto poverelli. 
E’ un’opera colossale, il viadotto che prolunga la statale 275 oltre la ferrovia Sud-Est. L’arteria a quattro corsie, larga 22 metri più le parti che l’affiancano, comincia a salire in contrada Macurano, un pianoro coltivato a frumento: qui si forma il terrapieno alto cinque metri, poi sei, sette, fino ai 12 della testa di ponte che annuncia il viadotto, 500 metri con quattro nastri d’asfalto. Una barriera che spacca in due la campagna e poi s’inerpica sul pendio della serra fino a scavalcarla nella parte terminale che degrada verso Leuca. 
E’ terra di duro lavoro contadino, di incontri e relazioni e di bellezza straordinaria quella che sarà attraversata e deturpata da un’opera che si annunciava «rispettosa dell’ambiente». L’hanno chiamata anche strada del parco, quasi ad annunciarne la gentilezza. Invece, bulldozer, trattori, camion, escavatori si apprestano   ad aprire un varco largo una trentina di metri tra terra coltivata, roccia affiorante, oliveti e ad elevarsi sulla linea di campagna con terrapieni e viadotti. Non è un ammodernamento della vecchia statale, è un nuovo tracciato da Montesano fino alla rotatoria di Leuca, una pista orrenda di asfalto di fronte a uno dei paesaggi più suggestivi della Puglia. 
La terra del Capo di Leuca è ancora integra. I paesini sono rimasti più o meno quelli di un tempo. Le periferie anonime dei  centri urbani non si sono estese nella campagna, l’hanno rispettata fino al punto da essere influenzati positivamente dal paesaggi rurale. La stradina che attraversa il bosco di ulivi di contrada Parieddhi e che congiunge la Corsano-Gagliano con la frazione San Dana è un percorso ricco di incontri. Molti l’attraversano in bicicletta, altri in auto. Il ponticello che oltrepassa la ferrovia costringe a fermarsi, è facile incrociare gli sguardi e scambiarsi i saluti. 
I turisti dell’Europa del Nord  amano il Capo di Leuca. Molti hanno comprato casa e l’hanno eletta a patria di una seconda vita. La considerano ancora terra a dimensione umana, malgrado le ferite inferte con le discariche fuorilegge e gli abusi edilizi. Più che la strada a quattro corsie, occorrerebbe finanziare la riqualificazione dei borghi e la buona tenuta della campagna. Spazio e tempo sono le vere ricchezze del Capo di Leuca. Parte dei gruppi dirigenti locali sono convinti che una superstrada che arriva fino alla costa è occasione storica per vincere l’emarginazione. Viaggiare bene e in sicurezza è un diritto, ma scambiare un’arteria come la fine degli affanni è un’ingenuità. Un’altra parte di classe dirigente, la più avvenduta, è convinta che l’energia del Capo di Leuca è proprio nella coniugazione di spazio e tempo con l’ordine umano del territorio, con i suoi simboli e le sue permanenze che ne fanno un scrigno pieno ed emotivo. Un luogo senza colate di cemento e di sapienti integrazioni.

fonte: gazzetta del mezzogiorno - a firma T. T.


Pubblicato il 17/02/2010


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