Sud Salento - Il bluff della Riabilitazione Psichiatrica

Considerazioni di un - viaggio - nei meandri di Comunità Psichiatriche Riabilitative.

SUD SALENTO -Il bluff della Riabilitazione Psichiatrica....una scena ripetitiva e recitata, spesso, anche male!
 



SUD SALENTO - Il bluff della Riabilitazione Psichiatrica - Considerazioni in anteprima di un "viaggio" nei meandri di Comunità Psichiatriche Riabilitative.

A 30 circa anni dalla Legge 180, propriamente nota come Legge Basaglia, si sta assistendo ad una regressione dei processi di umanizzazione della riabilitazione in favore di una assistenza protetta e di contenimento silenzioso ad opera di strutture psichiatriche residenziali e semi che godono di benefici a discapito di qualsiasi logica riabilitativa accettabile. Pensiamo a come, grazie al "vuoto per pieno", molti enti privati ottengono il pagamento delle rette dei pazienti in carico indipendentemente dalla presenza ma in base al volume delle attività. Inoltre, gli stessi enti, otterrebbero dalla Regione la leggittimazione ad istituire nuove strutture, delle "super nasse", denominate Comunità Psichiatriche a Lungo Degenza. Ciò significa che: dopo una indefinita riabilitazione si è ben preparati a trattenere ancora le "merci umane" in strutture in cui farne terminare il "percorso di vita". (Fenomeno ampiamente documentato da Sabino De Razza - RdB Sportello dei Diritti di Bari). Tutto ciò gazie anche al nuovo Trattamento Sanitario Necessario Extraospedaliero Prolungato delladurata di 6mesi rinnovabile ad oltranza semestralmente, oltre che al fatidico "contratto di Ulisse" secondo cui si effettua una contrattazione anticipata col paziente che autorizza di farsi seguire anche a prescindere da una volontà contraria (l'apoteosi dell'assurdo!). In questo modello di riabilitazione qualsiasi intervento di tipo sociale viene messoal bando dall'empiria concreta, si registra semplicemente su carta, garantendo alle lobby che gestiscono tali strutture non soltanto il monopolio della finto-riabilitazione, ma anche di eventuali altri piccoli "nuovi manicomi sbiancati" che verrebbero istituiti, attraverso differenti denominazioni di struttura, per divorare ulteriori fette di "mercato" ora pubbliche sino a sostituirsi completamente. Tutto ciò alimenta quel circolo vizioso che favorisce l'ingresso nei circuiti psichiatrici riabilitativi di un numero maggiore di utenti non permettendone più di uscire, come in una matrioska. Assistiamo ad un sottile e velato rimestamento delle vecchie logiche manicomiali, non ci sono sicuramente più camicie di forza e metodi "violenti", ma si tratta pur sempre di luoghi di contenimento grigio, un Giano Bifronte in cui predomina la goffmaniana totalità della "sospensione" orientata adun allungamento della permanenza. (Giovanni Monteduro - Sociologo) Ciò trova conferma anche dall constatazione che le strutture psichiatriche dispongono già dei due terzi della spesa pubblica regionale sulla salute mentale. Di fronte ad una simile situazione "inaccettabile", benchè avallata da circuiti di potere forte, si leva la richiesta delle associazioni che richiedono forme di accreditamento di tali strutture non sulla base di fatturati o dati opinabili ma su riscontri concreti di qualità confermati da successi riabilitativi. Una richiesta chiara: individuare parametri per il convenzionamento non dettati da logiche economiche  o stabiliti forfettariamente, ma sulla base dell'effettiva capacità della struttura di accogliere e riabilitare il paziente (Serenella Pascali). Molto spesso accade che vengano indicate come “riabilitative” attività che servono, forse, a “riempire il tempo” , nela migliore delle ipotesi, o si tratta semplicemente di "programmi in bella vista" esposti a mo di quadri decorativi su pareti cupe, come avviene in alcune strutture. Questo “riempire il tempo” (producendo spesso oggetti inutili o con laboratori privi di adeguati protocolli scientifici a valenza riabilitativa e terapeutica) non sembra aver nessuna caratteristica di processo riabilitativo. Altrettanto non sembrano pertinenti strategie di distribuzione di risorse che il soggetto non sappia poi utilizzare nello scambio sociale, neppure almeno come consumatore attivo. Né sembrano congrue azioni esclusivamente tutelari e assistenzialistiche che non determinano capacità da parte dei soggetto di imparare ad ottenere da solo certi obbiettivi o realizzare da solo certe attività. La riabilitazione richiede un approccio globale, in cui oltre alla dimensione prettamente farmacologica si debba attivare anche quella individuale  e sociale. Serve un nuovo concetto di riabilitazione, occorre "riabilitare la riabilitazione" (afferma il Sociologo Giovanni Monteduro).
 

pubblicato su pagina Fb da Lu Raju


Pubblicato il 21/11/2011


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