Salento - Emergenza rifiuti

Cassonetti strapieni e raccolta a singhiozzo

Salento invaso dai rifiuti, raccolta
a singhiozzo. Cassonetti stracolmi

                   
 

LECCE (7 luglio) - Ieri, in città, i rifiuti sono rimasti per strada, giacché i cassonetti erano già traboccanti domenica, dopo che sabato da Cavallino erano stati mandati indietro cento camion carichi di spazzatura. Oggi la raccolta potrebbe ripartire ma a singhiozzo. Il problema è sempre lo stesso: la discarica che non ce la fa a smaltire tutta la spazzatura che arriva da Lecce e dalla provincia. Ora l’impianto è ripartito e sta lavorando a pieno ritmo, ma non basta per smaltire quanto accumulato in questi giorni. Si spera che oggi si possa conferire ancora più agevolmente, solo così il servizio di raccolta e smaltimento potrà ritornare a funzionare normalmente. Diversamente il capoluogo (ma anche i 24 Comuni del Nord Salento che rientrano nell’Ato Lecce 1) sarà straripante di spazzatura, con tutto quello che ne consegue in termini di immagine, considerato che in questo periodo la città pullula di turisti. Senza contare che se si blocca il centro di Cdr tutti i Comuni della provincia potrebbero essere sommersi dai rifiuti. Del resto, non sarebbe la prima volta. La soluzione non è semplice. Ieri mattina, come annunciato, l’assessore all’Ambiente del Comune di Lecce, Gianni Garrisi, il dirigente dell’Ufficio Ambiente, architetto Fernando Bonocuore, e una pattuglia di vigili urbani sono andati a fare un sopralluogo nelle discarica di Cavallino. «Il problema è che l’impianto di Cdr, che accoglie la frazione secca di tutta la provincia non ce la fa a reggere il carico, perché è tarato per accogliere 400 tonnellate di rifiuti al giorno, attualmente invece arrivano rifiuti per 600/700 tonnellate, è logico che deve bloccarsi - sentenzia l’assessore Garrisi, che è anche presidente dell’Ato/1 -. C’è stata una mancanza progettuale a monte, la stessa che ora manda in tilt la discarica. Infatti, gli intoppi che si stanno verificando adesso sono la conseguenza di quella mancanza progettuale da parte della Regione Puglia: innanzitutto, non c’è il nastro trasportatore tra impianto di biostabilizzazione e quello di Cdr. Le balle che escono dal biostabilizzatore sono di un metro e dieci, quelle che può accogliere l’impianto di Cdr, invece, non posso superare il metro. Quindi, una serie di difficoltà che si sarebbero potute superare nel momento di stesura dei progetti. A questo punto, deve intervenire la Regione, la sola deputata a risolvere questi inconvenienti». Al momento, le soluzioni proposte da Palazzo Carafa sono due. La prima: «Abbiamo chiesto che si faccia uno stoccaggio all’interno dell’impianto di Cavallino, in modo che i camion possano arrivare e conferire i rifiuti senza fare code di interi giorni per poi tornare indietro». La seconda: «Convocheremo un incontro urgente con Regione, Provincia, Ato, gestori degli impianti e trasportatori - dice Garrisi -, perché questa vicenda non si può sbloccare solo con l’intervento degli Ato, visto che tra noi abbiamo fatto incontri e accordi ma non siamo riusciti lo stesso ad evitare che scoppiasse il casino». Intanto, dopo il sopralluogo, i gestori hanno assicurato che faranno di tutto per assicurare un servizio più veloce. «Ad oggi, però - conclude l’assessore Garrisi - non possiamo dire se la raccolta riprenderà regolarmente. Possiamo solo sperare, anche perché è impensabile che una città come Lecce possa presentarsi ai turisti con una cartolina in cui protagonisti sono i rifiuti».

 dal Nuovo Quotidiano di Lecce a firma M.C. Minerva

Di seguito, su segnalazione di una nostra lettrice, un interessante articolo tratto dal Blog "La voce dell'Emergenza"
 

  Salento avvelenato: l’inchiesta


Brindisi-Taranto, l’asse del male. Territori avvelenati, aria malata, terreni pieni di diossina. E popolazione che muore di tumori. Da quasi 20 anni ci sono dati incontrovertibili che documentano l’aumentata incidenza di malattie tumorali di origine ambientale nella provincia di Lecce. E ci sono dati Istat che indicano come e perché il Salento sia l’area più inquinata della Puglia. Un tasso di mortalità per tumori maligni di trachea, bronchi e polmoni cresciuto vertiginosamente. Le aree interessate sono tutte nel Salento, da Lecce in giù. Maglie il paese più colpito (43 decessi nel 2004, 37 nel 2005), ma anche Gallipoli, Nardò, Tricase, Cutrofiano.
Dati che sforano la media regionale e che indicano, per tutto il Salento, un quadro di eccesso di mortalità attribuibile all’inquinamento ambientale di origine industriale. La provincia di Lecce, stranamente, è l’area a più alta incidenza di cancro della Puglia, secondo le statistiche Istat e le cifre dell’Osservatorio epidemiologico. Ma come? Non era Taranto la città più inquinata d’Europa a causa dell’Ilva e delle emissioni di diossina. E come mai i grandi colossi industriali si trovano a Brindisi (il Petrolchimico) e a Taranto (l’Ilva) e le gente muore di tumore a Lecce e provincia? La risposta è da cercare nel vento. Secondo lo studio dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr, che ha indagato sugli agenti inquinanti presenti nell’atmosfera del territorio salentino, la causa è proprio nel vento. Che trasporta diossina da Taranto e altri tipi di agenti inquinanti dal petrolchimico di Brindisi.

E così il Salento del fotovoltaico, fiore all’occhiello dell’energia rinnovabile, non è altro che un centro di tumori per colpa di altre industrie. E non solo. Si scopre anche che è stato “colpito” dal business del certificati verdi. E che le 20 industrie di biomasse che vogliono costruire nella provincia di Lecce (portando olio da tutto il mondo e bruciandolo per produrre energia) hanno intenti niente affatto ecologici. Così come si scopre, grazie alla denuncia ad Affaritaliani.it di Giuseppe Serravezza, oncologo talentino, che ci sono interessi economici e le mani di aziende del nord, altre straniere e una siciliana, per sfruttare il territorio salentino per produrre energia, a discapito dell’ambiente e dei cittadini.

Ma andiamo con ordine. Le patologie legate alle vie respiratorie e ai polmoni, nel Salento, sono le più alte dell’intero sud Italia. Giorgio Assennato, direttore regionale dell’Arpa Puglia, lo aveva detto già qualche mese fa. “In provincia di Lecce ci si ammala di tumore molto di più di quanto avvenga nelle province di Brindisi e di Taranto”.

In particolare le aree a rischio sono la città di Lecce e la zona tra Martano e Cutrofiano. Nuovi dati confermano e rilanciano l’allarme: le statistiche Istat e le cifre dell’Osservatorio epidemiologico regionale tracciano una “mappa dei tumori” da cui emerge con chiarezza che il Salento è una vera e propria area di crisi, con punte critiche a Cutrofìano, nell’entroterra otrantino e anche in alcuni comuni del basso Salento.

La relazione dell’Osservatorio epidemiologico, che esamina le zone della Puglia a mortalità più elevata , ne individua quattro: “l’area del subappennino dauno, l’area del nord barese, alcuni comuni a nord di Brindisi e il Basso Salento”. Dopo di che si scompone il dato, individuando quante di quelle morti siano dovute a tumori e qui la relazione è chiarissima, sottolineando “l’eccesso di mortalità per tumore (in particolare di carcinoma polmonare) nei residenti nella provincia di Lecce”.

Le tabelle che riportano i tassi di mortalità ogni 10mila abitanti, infatti, dicono che a Lecce il tasso (nel 2004) è del 25,9%, essendo cresciuto di 4 punti percentuali in soli sei anni. Mentre in provincia di Taranto la mortalità per tumore era ancora inferiore: l’incidenza era del 21,9. Particolarmente inquietanti, in questo quadro, i dati riferiti ai tumori di trachea, bronchi e polmoni, il cui tasso in provincia di Lecce si è mantenuto costantemente al di sopra del 5 mentre a differenza delle altre province pugliesi.

Certo, secondo i ricercatori l’incremento dei tumori non può essere attribuito esclusivamente ai fumi prodotti dalle due aziende. Perciò lo studio continua, a caccia degli altri colpevoli. Di fatto la bestia nera per gli uomini salentini si chiama tumore al polmone, che con il 19,7 per cento di tutte le tipologie tumorali maschili rappresenta la percentuale più alta in Italia, dove invece il nemico numero uno del sesso forte è il carcinoma della prostata (18,5). Un’anomalia, questa del tumore al polmone in provincia di Lecce, che continua a rimanere un mistero e che preoccupa, anche in considerazione del fatto che sta gradualmente aumentando anche nel sesso femminile. Lo sa bene Serravezza, oncologo dell’ospedale di Casarano e simbolo della lotta alle emissioni. Il presidente della Lega Italiana per la lotta contro i Tumori della provincia di Lecce ha vinto, il 6 giugno scorso, “Il premio Puglia 2010″ all’università Bocconi, perché si è battuto - si legge nella motivazione - per rendere la Puglia un posto migliore per i malati di cancro, concentrando la sua opera sul miglioramento delle condizioni della regione, e oggi rappresenta in Italia un importante e consolidato punto di riferimento nell’Oncologia. Affaritaliani.it lo ha intervistato, per capire come sia possibile che il tasso di mortalità si sia alzato in modo vertiginoso nel Salento.

Pensavamo che Taranto fosse la città più inquinata d’Europa. E invece?
“E invece la provincia di Lecce registra da oltre 15 anni, costantemente, ogni anno, un tasso di mortalità per cancro (dati Istat e dell’osservatorio epidemiologico regionale). Questo tasso è decisamente più alto del tasso di mortalità di Brindisi e di Taranto. Un dato inatteso che sembrerebbe inspiegabile”.

Di che dato parliamo?
“Rispetto ai morti attesi nella media pugliese, per questa malattia, in provincia di Lecce, abbiamo 250-260 decessi in più rispetto a quelli attesi. Su una popolazione di 800mila persone”.

Perché muoiono queste persone?
“Certamente non perché nel Salento è più radicato il vizio del fumo da tabacco. Io curo persone malate di cancro e nei miei studi ho cercato di scomporre i dati per capire i territori in cui l’incidenza di malti di cancro è maggiore. I dati del Cnr sugli studi dei venti correlano quanto avviene nel Salento e le malattie tumorali con l’aria e gli agenti inquinanti che arrivano dai grossi complessi del petrolchimico di Brindisi e del siderurgico di Taranto”.

L’Ilva e il Petrolchimico di Brindisi sono la causa dell’aumento vertiginoso dei morti di tumore nel Salento?
“Sì, attraverso questo ‘gioco dei venti’ Lecce sta pagando un prezzo ben superiore rispetto alle popolazioni più vicine alle industrie. Certo, non dipende solo da Taranto e da Brindisi, che sono i grossi bubboni, ma anche da agenti inquinanti delle piccole realtà di provincia. Come la Copersalento di Maglie. E altri inceneritori e cementifici. Ci sono studi del Cnr che lo dimostrano”.

Quanto l’inquinamento incide anche su quello che mangiamo, sui terreni, sui pomodori, sul latte? E su quello che dalla Puglia viene esportato?
“Se c’è l’inquinamento dell’aria è inevitabile che questo si traduca in un inquinamento del suolo, della terra e delle acque. E’ il cerchio biologico della vita. Le emissioni precipitano nel suolo, inevitabilmente. Abbiamo rilevato forte inquinamento di diossina non tanto nell’aria quanto nei terreni. Perché nell’aria l’inquinamento dura relativamente poco, mentre nel terreno c’è tutto quello che si è accumulato negli anni”.

Quali sono i prodotti più a rischio?
“A Taranto per l’Ilva e a Maglie per la Copersalento sono stati abbattuti animali, sono state poste sotto sequestro vaste aree dove i contadini non posso più coltivare e raccogliere. Proprio perché serve una bonifica. La stessa cosa è accaduta a Brindisi per un’ampia aria intorno alla centrale di Cerano, dove ora terreni pregiati sono ancora sotto sequestro per diversi chilometri quadrati. Gli animali più colpiti dall’inquinamento sono certamente le mucche, e di conseguenza tutti i composti del latte. L’ormai famoso latte alla diossina”.

Lei si occupa quotidianamente di persone malate di tumore. Quanta parte di queste persone si è ammalata per l’inquinamento?
“Quanto le persone arrivano da noi la frittata è bella e fatta. Più che le cause noi cerchiamo di risolvere il problema. Cerchiamo di fare una buona diagnosi e una buona cura. E attraverso gli studi cerchiamo di risalire alle cause”.

L’oncologo Mazza, dell’Ospedale Nord di Taranto, un paio d’anni fa mi parlò di un aumento dei tumori del 40% solo nel quartiere Tamburi, quello più vicino all’Ilva. Quali sono i suoi dati per la provincia di Lecce?
“Secondo il registro dei Tumori (2006) i dati sono in linea con la media italiana. Come se andasse tutto bene. Ma scrivono anche che nella provincia di Maglie c’è un tasso molto alto di mortalità per cancro al polmone. La causa sarebbe il fumo del tabacco. Ma sappiamo bene che non è così ed è per questo che non siamo d’accordo con il registro di tumori”.

E qual è la vostra versione?
“I dati vanno contestualizzati. Noi diciamo che nel Salento, appena 20 anni fa, c’era un tasso di mortalità per tumori del 25% in meno nella provincia di Lecce rispetto alla provincia di Milano. In 20 anni il gap virtuoso si è notevolmente ridotto. Basta guardare le curve per capire che cosa è accaduto nel Salento in questi anni. Nel Nord la curva negli ultimi 8-10 anni sta scendendo, la nostra curva è salita verticalmente negli ultimi 20 anni e continua a salire”. (Leggi e stampa tutti i dati)

Ha scritto una lettera aperta al governatore Vendola, chiedendo che dopo Taranto si preoccupasse anche del Salento.
“La questione delle fonti rinnovabili di energia, in Puglia, è partita molto presto. Vendola ha fatto una enorme battaglia molto positiva, ma c’è un problema”.

Cioè?
“Che nelle fonti rinnovabili di energia Confidustria e co… hanno messo di tutto. Non solo le fonti vere e pulite, come l’eolico e il fotovoltaico, ma ci hanno messo anche le biomasse, che tradotto vuol dire poter bruciare di tutto, compresi i rifiuti. Bruciando i rifiuti le aziende hanno diritto ai certificati verdi, perché l’Italia è riuscita ad equiparare le biomasse a fonte pulita e rinnovabile”.

Fonte pulita e rinnovabile?
“Sì, qui c’è una vera truffa scientifica alla base.  Ma tanto è bastato che oltre al fotovoltaico e all’eolico (e siamo tutti sul piede di guerra) tra le fonti pulite venissero inserite anche le biomasse. A Lecce c’è in programma la costruzione di 20 impianti di biomassa. Ma la guerra in atto di cittadini e associazioni per ora ha bloccato tutto. Io stesso ho problemi personali per aver bloccato con forza uno di questi impianti, che sono tutt’altro che verdi e con un costo pazzesco di 60 milioni di euro”

Mi scusi, ma a che cosa dovrebbero servire questi impianti?
“Si prende olio, combustibile oleoso, olio di girasoli da tutto il mondo. Poi lo si porta qui attraverso navi cisterne e con i tir si porta nei diversi impianti dislocati nel Salento. Infine si brucia tutto. Questi sono gli impianti a biomassa per produrre energia”.

Un disastro ambientale…
“Esatto. Noi stiamo facendo le guerre per ridurre le emissioni. La commissione ambiente dell’Unione Europea ci intima tutti i giorni di abbassare i livelli pena multe salatissime. Vendola si impegna attraverso una legge regionale per imporre giustamente all’Ilva di ridurre i limiti di emissioni. E poi che facciamo? Nel nome delle fonti rinnovabili di energia pulita ci inventiamo degli impianti che producono nuove emissioni. Siamo alla follia totale. Anche perché in Puglia, l’83% dell’energia che produciamo, la esportiamo. Non ne abbiamo bisogno. E perché dovremmo caricarci anche di questi olii presi da tutto il mondo per essere bruciati e per poi portare l’energia dove serve?”.

Impianti che dovrebbero sorgere tutti nel Salento?
“Sì si, ed è da notare che parliamo di imprenditori che arrivano dal nord”

Ma di quali gruppi parliamo? Qualche nome?
“Imprese del nord, imprese straniere, un’impresa siciliana. Solitamente sono faccendieri, prestanome. Dietro c’è il business dei certificati verdi”.

E perché è andato alla scontro con il governatore Vendola?
“E’ una persona a cui voglio bene e con cui ho un ottimo rapporto, ma che era stata ‘intrappolata’ e documentata male nel concetto di fonte rinnovabile di energia. I faccendieri delle imprese hanno fatto in modo che venisse inserito, a livello di legge nazionale, oltre alle due vere fonti, anche le biomasse, che vuol dire bruciare olii. E’ questo che abbiamo rimproverato a Vendola, una legge assurda”.
 


Pubblicato il 07/07/2010


Condividi: