Salento - E' qui la nuova costa smeralda

tratto dalla "Stampa" del 23 agosto

Salento, è qui la nuova Costa Smeralda

 

SANTA MARIA DI LEUCA (LECCE) - Quando al bar si è sparsa la voce che Lele Mora avrebbe deciso di stabilire in Salento il suo nuovo quartiere generale al posto della Costa Smeralda, con inesorabile codazzo di veline tronisti e paparazzi, quelli come Mario Margarito, pescatore di una famiglia di pescatori di Leuca, sono saltati sulla sedia: «Ora stiamo esagerando». Va bene ritrovarsi sui siti di gossip di tutto il mondo perché Jude Law e Sienna Miller si scambiano tenere e riparatrici effusioni nelle acque di Otranto, dopo che lui l'aveva tradita finanche con la baby sitter. Fa piacere la consacrazione mondiale del Festival della Taranta - ogni estate centinaia di migliaia di persone radunate dal ritmo forsennato della pizzica - a cui il Wall Street Journal ha appena dedicato due pagine paragonando «la forma musicale ferocemente ottimista nata sotto il sole crudele di questo lembo estremo del sud est dell'Italia al blues del delta del Missisippi». Vale la pena arrampicarsi sull'inglese per indicare ai turisti americani dov'è il mare turchese in cui si specchia Riccardo Scamarcio nel film Mine vaganti di Ozpetek. E si può pure accettare di diventare il crocevia delle trame politiche della seconda repubblica, dai gamberoni gallipolini di D'Alema e Buttiglione, prologo del ribaltone del 94, agli inseguimenti di Casini sulle spiagge di Otranto fino alla serata recentemente organizzata dal banchiere milanese Guido Roberto Vitale nella sua masseria di Cisternino in onore di Nichi Vendola, definitivo sdoganamento del governatore rosso che non dispiace ai poteri forti. Ma persino per il Salento del 2010, irresistibilmente cool da che era soltanto terra battuta da «lu sole lu mare e lu ientu», ridursi a capitale di Vallettopoli sarebbe troppo. Per ora la folta scuderia di Lele Mora si deve accontentare di qualche ospitata agostana in discoteca.

Non c'è rivista di viaggi che non lo magnifichi, il Salento. Gli ulivi secolari a perdita d'occhio e i centri storici immacolati. I calici di Negroamaro e le melodie dei Negramaro. Le vertigini rocciose e le distese di sabbia bianca. Le masserie trasfigurate in resort a cinque stelle e la cucina povera ma bella, adeguata a una civiltà contadina. Eppure com'è cambiato, il Salento, a guardarlo da qui, dal fondo, da Leuca. Finis terrae, tacco d'Italia affacciato su Ionio e Adriatico. La leggenda, alimentata dai riverberi tratteggiati dalle correnti, vuole che dal promontorio della basilica di Santa Maria si riesca a scorgere la linea di confine fisico tra i due mari. «Mezzo secolo fa - racconta Mario - questo era solo un villaggio di pescatori. Il centro era il ponte sotto la torre, con trenta barche a remi ormeggiate». I negozianti facevano credito ai marinai perché le loro braccia e quei gusci di legno garantivano pesce fresco abbondante, in grado di ripagare il prestito. I primi motori si sarebbero visti solo a metà degli Anni 60.

Le ville eclettiche costruite nell'800, cifra architettonica di Leuca, d'estate si aprivano ai nobili della zona. L'urbanistica riproduceva la stratificazione sociale. «I più alti in grado - spiega Mario - avevano quelle in prima fila, gli altri nelle file indietro a seconda del blasone». Sulla spiaggia, le «bagnarole» erano gli spogliatoi femminili. In tufo, con una vasca ricavata all'interno, per contesse e baronesse. Sgangherate palizzate in legno per le donne del popolo. «La svolta - racconta Antonio Renzo, presidente della Pro loco Torre Vado - fu la costruzione della litoranea. Prima, solo i proprietari delle ville potevano arrivare facilmente al mare». All'inizio degli anni  60 Leuca cominciò a popolarsi di turisti. Dapprima quelli dei paesi dell'interno - Lecce, Casarano, Taurisano - e poi dal nord. Milanesi, torinesi, veneti (i bolognesi seguiranno negli Anni 70). Erano i salentini emigrati al nord a fare marketing territoriale. Quando chiudevano le fabbriche, tornavano a casa per le ferie, portandosi dietro gli amici conosciuti nelle metropoli. Poi cominceranno a costruire le seconde case al mare con i soldi guadagnati al Nord. Ad aprile e settembre le tre pensioni di Leuca si riempivano invece di cacciatori per il passaggio delle tortore.

Pochi mesi prima Pier Paolo Pasolini era arrivato «nella costa meno nota d'Italia» al volante di una Fiat Millecento. Lavorava a un reportage per la rivista Successo (ora ripubblicato da Contrasto con il titolo La lunga strada di sabbia) e «mi trascina una gioia tale di vedere che quasi son cieco», scriveva. Raccontò la vita dei nobili, che «se ne stanno per conto loro: la sera si trovano tutti allo Yacht club, dove possono entrare solo loro, e ballano, e giocano a carte».

I turisti del nord, invece, fraternizzavano con i pescatori, ricorda Mario. «Venivano professionisti e operai, artisti e registi, prendevano le case in fitto, si faceva il bagno nel porticciolo e si mangiava assieme». Una volta. «Adesso c'è un turismo di massa, ad agosto non si può vivere, ma dura solo venti giorni, poi vanno via tutti».

tratto dalla "Stampa" del 23 agosto 2010


 


Pubblicato il 24/08/2010


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