Epidemia uccide le cernie. Allarme dei pescatori
Anche i pesci hanno l’«influenza»
I veterinari: segnalati tre casi
Un’epidemia uccide le cernie, l’allarme lanciato
dai pescatori. Uno studio dell’Università di Lecce
Salento - E’ uno stillicidio, e tra i pescatori sportivi la notizia circola. Quella di cernie trovate in superficie già morte o con forti difficoltà natatorie, nelle acque di Brindisi. Sembravano vittime di una bomba fatta esplodere da pescatori di frodo a grande profondità, ma quasi tutti gli esemplari presentavano una strana patologia agli occhi. Un veterinario della Asl Br/1 appassionato di pesca subacquea conferma di averne sentito parlare almeno in tre casi, ma anche che nessuno ha mai presentato una segnalazione ufficiale all’autorità sanitaria. In realtà si tratta di Erv, encefalopatia e retinopatia virale. Il responsabile è il Nodavirus, le proporzioni dell’epidemia sono sconosciute ma temute. La cernia è una delle specie a rischio il cui declino sta trovando un freno con l’istituzione delle Aree marine protette. Ma contro il Nodavirus non ci sono barriere. Scopriamo che tutto il Mediterraneo è coinvolto. Ci ha provato nel 2005 l’Università di Messina a condurre uno studio ed insieme un monitoraggio sulla diffusione dell’Erv quando l’encefalopatia si è affacciata nella prima riserva marina istituita in italia, quella storica di Ustica.
Adesso il polo del coordinamento della ricerca è passato al Dipartimento di Scienze ambientali dell’Università del Salento, dove operano Paolo Guidetti e Antonio Terlizzi, biologi specializzati in habitat marini. Al dottor Giuseppe Bovo dell'Istituto Zooprofilattico delle Venezie di Padova toccherà il compito di studiare la patologia dell’Erv. Il problema è fare arrivare le segnalazioni a Guidetti e Terlizzi, con la possibilità di effettuare campionamenti oltre che di tracciare una mappa della diffusione dell’encefalopatia. Per questo i due ricercatori che operano nel Salento hanno fatto circolare un appello raccolto da molte testate on line di subacquei e pescatori sportivi, per usare migliaia di occhi contro l’Erv. «Ma siamo appena all’inizio dell’indagine - spiega il dottor Antonio Terlizzi - che parte da una segnalazione fattaci da un amico nei primi giorni di ottobre e proveniente da Linosa, nel cuore della riserva marina della Isole Pelagie. Ci è venuta l’idea di lanciare e coordinare una ricerca su questa moria massiva di cernie, che ha come caratteristica nella fase terminale gli occhi bianchi, la difficoltà nel nuoto. Ma non solo nelle cernie: ne sono colpiti scorfani, murene, pagelli, triglie, orate, dentici e il pesce che è strettamente imparentato con la stessa cernia, e cioè la spigola (appartengono entrambi ai Serranidi, ndc). Perché ce ne occupiamo da Lecce? Abbiamo già coordinato nel 2001 un disegno sperimentale comune con le Università di Napoli, Palermo e Genova sull’organizzazione delle Aree marine protette dello Stato - prosegue il ricercatore di Unisalento - e questa patologia sta minacciando una specie centrale per importanza nell’habitat e nella missione delle stesse riserve».
Il carico virale, spiega ancora Antonio Terlizzi, «si accentua con l’aumento della temperatura dell’acqua». Sembra quasi un altro degli effetti collaterali dei mutamenti climatici nel Mediterraneo che stanno favorendo la proliferazione di specie aliene provenienti da aree tropicali, tra le quali anche alghe come L’Ostreopsis ovata che da un anno costringe anche la Puglia ad un attento monitoraggio delle acque. Da dove arriva l’Erv? «Non lo sappiamo con precisione. Qualcuno dice che proviene da allevamenti ittici, ma non è stato ancora stabilito con certezza. Anche se in Sicilia nel 2005 l’Erv ha spopolato molte vasche e molte gabbie di itticoltura. Nella ricerca lanciata dal Salento la speranza di trovare le soluzioni.
fonte: corriere del mezzogiorno
Pubblicato il 26/11/2009