Inaugurazione a Nardò (Lecce)
A Nardò primo «Museo della memoria».
Sarà il primo museo in Italia dedicato al tema della Memoria e dell’Accoglienza e raccoglierà testimonianze, materiale fotografico e video per raccontare ai visitatori del passaggio a Nardò, tra il 1943 e il 1947, di circa 150.000 ebrei scampati ai lager nazisti e in viaggio verso il nascente Stato di Israele. Il museo sarà inaugurato domani dal ministro per i beni culturali, Sandro Bondi, insieme con l’ambasciatore d’Israele in Italia, Gideon Meir. Per questa sua storia di accoglienza, il comune salentino nel 2005 ha ricevuto dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la medaglia d’oro al merito civile. Fu premiata la solidarietà e generosità dimostrate dalla popolazione che «nel solco della tolleranza religiosa e culturale, collaborò per alleviare le sofferenze degli esuli, e nell’offrire strutture per consentire loro di professare liberamente la propria religione».
Nardò è anche gemellata con la città israeliana di Atlit Hof-Hacarmel, che in quegli anni accolse la maggior parte dei profughi al loro arrivo dall’altra parte del mare.
Il museo della Memoria e dell’Accoglienza, realizzato in un edificio scolastico anni Sessanta su progetto dell’architetto Luca Zevi, conterrà tutto il materiale custodito nell’archivio storico del Comune di Nardò, documenti fotografici e video, una sala multimediale, biblioteca ed emeroteca. Vi saranno esposti anche tre murales che sono stati ritrovati in grave stato di degrado in un immobile cadente nella vicina località di Santa Maria al Bagno, staccati e restaurati dopo anni di abbandono. Furono realizzati dall’ebreo rumeno Zivi Miller, reduce dei campi di concentramento dove aveva perduto moglie e figlia.
Uno dei murales, con al centro una menorah con candele accese, raffigura la religiosità ebraica. Il più grande dei tre rappresenta il viaggio degli ebrei dal Sud dell’Italia verso Eretz Israel. L’ultimo raffigura una madre ebrea che, con il suo bambino, chiede ad un soldato inglese di entrare in Israele. Si tratta di opere uniche nel panorama dei reperti legati a quel periodo, realizzati in nero sull'intonaco del muro scrostato. Disegni che, nella loro semplicità e acromaticità trasmettono il senso della tragedia dell’esperienza dei sopravvissuti allo sterminio e del viaggio verso la speranza di una nuova vita. Emozione che traspira anche dall’edificio che ospita il museo, privo di finestre e realizzato in un grigio incolore interrotto da un reticolo di strisce del colore della pietra leccese. Nelle intenzioni dell’architetto le strisce gialle rappresentano «l'incontro con un ambiente naturale ed umano generoso ed ospitale, che, di giorno in giorno, cominciano ad arrampicarsi lungo la scatola grigia, aprendo progressivamente squarci sempre più ampi nell’oscurità del ricordo e permettono l’avvio di un cammino difficoltoso ma solcato da squarci di luce». (Paola Laforgia)
Pubblicato il 14/01/2009