"UNA STELLA PER LA SPERANZA": DAL 7 AL 10 DICEMBRE LILT LECCE NELLE PIAZZE CONTRO I TUMORI
04-12-2023
Città del Libro di Campi Salentina - 25 novembre 2011
Il 25 nov. sarà presentato in compagnia dei proff.Stefano Cristante e Ernesto Sticchi Damiani alla Citta' del Libro di Campi Salentina il nuovo libro di Franco Ungaro, LECCE SBAROCCA (Besa Edizioni) con prefazione e postfazione di Stefano Cristante e Goffredo Fofi.
Un po' diario, un po' romanzo, un po' saggio. Insomma strane storie di Lecce.
Il 3 dicembre la presentazione sarà al Teatro Kismet di Bari in compagnia di Carlo Bollino, direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno
LECCE SBAROCCA
Un po’ autobiografia, un po’ romanzo, un po’ cronaca teatrale, un po’ cronaca e storia locale, un po’ satira politica e molto, molto altro ancora, il nuovo libro di Franco Ungaro ci sorprende per la la ricchezza degli argomenti e specialmente per lo sperimentalismo con cui frammenta il materiale narrativo, lo rimescola e lo aggrega con un piacevole disordine logico-temporale dentro una struttura aperta e mobile.
Un libro "liquido", una sorta di caleidoscopio o di labirinto narrativo che ha il suo filo d'Arianna nella fermezza e nella coerenza del punto di vista dell'autore, nella forte tensione morale che anima la sua vis di polemista brillante, nell'irriducibilità del senso estetico di chi forse continua a credere che la bellezza salverà il mondo. Storia e cronaca locale, pagine autobiografiche, testi di canzoni, proverbi, aneddoti, raffinate citazioni di poeti e scrittori, pagine di diario, riflessioni sul teatro e sull'arte, memorie di viaggio, racconti d'amore e di malavita a puntate, proposte culturali, italiano e dialetto si susseguono in apparente disordine in questo piccolo zibaldone, ma come le tessere di un mosaico tracciano poco alla volta l'immagine preoccupante di un Sud che non vuole o non sa rinnovarsi.
Ha uno spazio molto ampio nella riflessione dell'autore, la città di Lecce, o meglio, la cosiddetta "leccesità", con la spietata critica della mentalità e della cultura della sua classe drigente, arroccata a difendere una mitica grandeur contro qualsiasi illusione di cambiamento, e con la denuncia delle responsabilità del suo ceto politico, malato di provincialismo, rivelatosi in più occasioni inadeguato ad affrontare le sfide della contemporaneità. Raccogliendo l'insegnamento di Pasolini e Bene, più volte menzionato, vengono riprese con maggior vigore e nuovi argomenti quella polemica contro la miopia della politica culturale nazionale e soprattutto locale, insieme alla battaglia per un rinnovamento profondo dei costumi e della cultura già presenti in Dimettersi dal Sud.
Ancora una volta l'amore-odio per questa terra e questa città anima l'impegno civile e le battaglie culturali di un operatore teatrale di lunga esperienza, conosciuto e stimato in Italia e all'estero, che ancora non si è rassegnato alla logica imperante della mercificazione e del profitto e non è disposto a condividere l'idea volgare e peregrina che "con la cultura non si mangia".