Corsano - Dal Salento a Nazareth

Un corsanese fra gli specialisti del rastauro della Grotta dell'Annunciazione

CORSANO - GIANLUCA LECCI FRA GLI SPECIALISTI CHIAMATI AL RESTAURO DELLA GROTTA E DELLA CASA DI GIUSEPPE

Dal Salento a Nazareth al lavoro per Gesù 
 

Corsano - Un pezzo salento nella grotta dell’Annunciazione di Nazareth. Sono iniziati lo scorso mese di ottobre i lavori di consolidamento della grotta in cui Maria ricevette da un angelo l’annuncio della nascita di Gesù e ad operare sulle pareti c’è anche Gianluca Lecci, 33 anni originario di Corsano, specializzato in diagnostica delle cause perturbatrici dei monumenti. Nella cittadina israeliana, dove Cristo visse l’infanzia e la giovinezza, prima di iniziare la predicazione in Palestina, restano ancora oggi la casa della Vergine, dove si trova la cripta, e a circa un centinaio di metri di distanza la casa di Giuseppe, dove si conserva una delle prime fonti battesimali della cristianità. Su quei luoghi Elena, la madre dell’im - peratore Costantino, nel IV secolo fece costruire una basilica, la stessa che oggi, con tutte le trasformazioni subite soprattutto in epoca crociata, viene retta dall’ordine dei frati minori francescani attraverso la Custodia di Terra Santa. 
Alla volta di Nazareth è partita un’equipe italiana composta da restauratori e architetti conservatori, coordinata dal professore Salvatore Napoli, docente dell’Università di Lugano e rappresentante del Cores4N, per iniziare un intervento di applicazione di nanotecnologie per il consolidamento della parte corticale della roccia. Contestualmente gli operatori hanno dato il via a un progetto di recupero della casa di Giuseppe, scoprendo che sotto la pavimentazione in mosaico della vasca di abluzione, risalente al II-III secolo dopo Cristo, esiste un’altra pavimentazione che con tutta probabilità va datata all’e poca dei primi battesimi seguiti alla morte di Gesù, nel I secolo.      Quale emozione ha provato a toccare con mano quei luoghi?      «Ogni giorno ho avuto un’emozione diversa, a volte ho provato felicità, altre ho pianto. Il primo giorno, al nostro arrivo, il padre guardiano ci disse che tutto quello che avremmo vissuto nella basilica avremmo trovato problemi a raccontarlo al ritorno a casa». È stato facile lavorare sotto l’occhio dei pellegrini? 
«Ogni giorno migliaia di pellegrini ci osservavano scattando, senza esagerazione, milioni di fotografie, ponendoci domande, esprimendo curiosità e ringraziandoci per il nostro lavoro. Il primo intervento ha riguardato la preparazione e l’applicazione delle microcalci sulla parete di roccia, che in passato era stata interessata da stesure di materiali siliconici che non lasciavano passare l’aria».      Un ricordo particolare di questa prima “missione”?      «L’emozione più forte l’ho provata nella casa di Giuseppe, dove Gesù ha vissuto. Un luogo che oggi purtroppo ha perso la luce naturale perché è sormontato dalla chiesa attuale, ma che trasmette positività. Da cattolico mi sento appagato».      L’equipe ritornerà a Nazareth il prossimo marzo.    «Aspetteremo la solidificazione delle microcalci per poi continuare il nostro lavoro nei pressi dell’altare che, va ricordato, è l’unico con l’iscrizione “Verbum caro hic factum est” (“Il verbo qui si è fatto carne”, in tutte le altre chiese del mondo non compare la dicitura Hic)».

mauro ciardo


Pubblicato il 05/11/2009


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