Condanne Eternit - Giustizia per 5 salentini

La storica condanna per i dirigenti Eternit

Condanne Eternit - Giustizia per 5 salentini
 
di MAURO CIARDO

 


Arrivano due storiche condanne per i dirigenti della Eternit e giustizia è fatta anche per le vittime salentine dell’amianto che hanno lavorato in Piemonte. Mentre gli operai che si ammalarono in Svizzera ora sperano che le loro ragioni riprendano vigore. Il tribunale di Torino, al termine del più grande processo mai avviato al mondo per la sicurezza sul lavoro, ha condannato a 16 anni il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, 93 anni, dirigenti della multinazionale ritenuti responsabili di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche. Nel corso dei decenni migliaia di operai hanno perso la vita a causa delle polveri di asbesto respirate negli stabilimenti del gruppo, ubicati anche in Svizzera a Niederurnen e Payerne dove hanno lavorato migliaia di salentini.

La magistratura è riuscita, grazie all’inchiesta avviata dal procuratore generale torinese Raffaele Guariniello, a portare alla sbarra i vertici della Eternit solo per gli stabilimenti italiani. I risarcimenti sono arrivati per chi ha lavorato in quelli di Casale Monferrato e Cavagnolo (Torino), mentre il reato è prescritto per gli stabilimenti di Rubiera (Emilia Romagna) e Bagnoli (Campania). Nella fabbrica di Casale hanno lavorato i cinque salentini Maria Bello, Antonio Melgiovanni, Fausto Notarpietro (di Casarano), Anna Lucia Carlà (di Lecce) e Agostino Masciali (di Specchia).

Purtroppo la malattia ha avuto la meglio su di loro ma a seguire il processo c’erano i familiari, che ora possono aspirare a un risarcimento di 30mila euro a testa disposto con la sentenza. Chi ha lavorato in Svizzera aspetta invece fiducioso l’apertura di un processo bis. «La sentenza rende giustizia almeno in parte alle vittime - commenta la senatrice Adriana Poli Bortonedi «Grande Sud» - ora mettiamo all’attenzione la questione delle vittime italiane, e meridionali in particolare, che hanno lavorato nelle sedi svizzere». Nel febbraio dello scorso anno, dopo il dossier pubblicato dalla «Gazzetta» che evidenziò come almeno un migliaio di salentini fossero interessati dal problema per aver lavorato nelle fabbriche elvetiche, e come almeno il 35 per cento di loro manifestasse i segni della malattia dopo lo screening della Asl leccese, la parlamentare presentò un’inter rogazione senza aver mai ottenuto risposta. «E’ una sentenza esemplare che auspichiamo serva da stimolo anche per la Puglia» sottolinea il segretario generale regionale della Uil, Aldo Pugliese, che propone una legge di iniziativa popolare per il risanamento dell’ambiente dall’amianto.


Pubblicato il 14/02/2012


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