Leuca - Il recupero (senza retorica) della Colonia Scarciglia

Spunti di riflessione

di Enzo Pirelli

Sono trascorsi tre anni da quando, era il marzo del 2018, apprendemmo con soddisfazione sulle pagine del “Quotidiano di Lecce” che il Comune di Castrignano-Santa Maria di Leuca era il nuovo proprietario della Colonia Scarciglia, l’immenso manufatto costruito a picco sul mare negli anni venti e via via ampliato per farne un centro di accoglienza per bambini colpiti dalla tubercolosi. La strada che dal centro di Leuca conduce alla colonia porta ancora il nome di via Doppiacroce, con chiaro riferimento al simbolo che identificava questa patologia ancora molto diffusa a quei tempi. Debellata la malattia, divenne una colonia per l’accoglienza di bambini orfani bisognosi di assistenza. Durante il secondo conflitto mondiale ebbe anche funzioni di ospedale al servizio di centinaia di profughi di svariate etnie. Molti di questi, croati, israeliani, ecc., nati in quel periodo nella sala parto allestita nella Colonia, hanno come luogo di nascita sulla propria carta di identità il Comune di Castrignano del Capo (ma non sarebbe il caso di dire Castrignano-Santa Maria di Leuca?).

Ma torniamo all’inizio. Sull’onda dell’entusiasmo per il risultato conseguito, il sindaco Santo Papa dichiarava: “Partiranno al più presto i lavori di messa in sicurezza …con bonifica e successivo progetto di valorizzazione dell’area”. Questa espressione accese in me una fiammella di speranza: dire valorizzazione dell’area infatti non è lo stesso che dire valorizzazione dell’immobile. L’una esclude l’altra, e viceversa.

   È di questi giorni invece la notizia di una manifestazione di interesse presentata al Comune da parte della società Percon General Contractor di Milano per il recupero funzionale dell’immobile, presumo attraverso una qualche forma di Project Financing. Bene ha fatto il Sindaco a smorzare sul nascere ogni possibile entusiasmo per quella che potrebbe sembrare finalmente una soluzione soddisfacente dopo anni e anni di attese e di delusioni. E questo non tanto o non solo perché c’è ancora un contenzioso amministrativo che incombe circa la proprietà dell’immobile, ma soprattutto perché non c’è ancora, a distanza di tre anni, una visione di valorizzazione dell’intera area, dalla scalinata monumentale fino al “banco” del Meliso, da parte dell’Amministrazione Comunale. Apprezzo l’intento, manifestato dal sindaco, di coinvolgere nelle scelte cittadini, imprenditori, associazioni ecc. (su cui peraltro qualche iniziativa già c’è stata, anche da parte di Italia Nostra), ma il problema è che parallelamente l’Amministrazione avrebbe dovuto già prendere posizione sull’argomento, salvo poi a migliorare le proprie proposte in un pubblico dibattito. Chi amministra ha l’obbligo di operare delle scelte, e poi sottoporle al giudizio degli organismi elettivi o in ultima analisi, in casi eccezionali, a forme di consultazione popolare. Prima di entrare nel merito del problema, mi permetto di sottoporre al Sindaco una domanda: posto che l’affaire Colonia Scarciglia è ancora sotto la spada di Damocle del Giudice amministrativo, e che nessuna scelta è possibile fare prima del giudizio definitivo, non sarebbe il caso di promuovere un arbitrato e cercare subito di comporre bonariamente la questione, visto che  i soggetti  contendenti sono  tutte e due istituzioni dello Stato e dovrebbero quindi convergere verso un obiettivo comune? È stato fatto qualche tentativo (serio) in tal senso? Io penso che di fronte a una chiara manifestazione di volontà da parte del Comune di dare una soluzione unitaria all’intera area, la Provincia non rimarrebbe insensibile, anche perché questo è il suo ruolo: dare voce e soluzioni a interessi sovracomunali, e oggi l’interesse del Salento è che l’estrema propaggine dell’Italia, quello che con un pizzico di orgoglio chiamiamo il Tacco d’Italia, non sia privatizzato e sottratto alla fruizione di tutti. Lo scoglio del Meliso, terminale fisico e simbolico della antica via francigena che parte da Canterbury, dovrà essere raggiungibile da ogni italiano o europeo che lo voglia, perché parte della storia d’Italia e d’Europa, sia pure in “finibus terrae”. L’esistenza della Colonia Scarciglia ha invece di fatto negato questo diritto civico, per cui i pochi volenterosi che volevano “toccare” questo luogo simbolico, dovevano sottoporsi al rischio e alla fatica di raggiungerlo attraverso un pericolosissimo  e strettissimo sentiero a picco sul mare (scivolando da  qui trovò la morte un giovane leucano negli anni 50).Una gestione privata dell’area, ancorché obbligata al rispetto del pubblico passaggio, potrebbe mai garantire pienamente il diritto alla pubblica fruizione del luogo?

   E veniamo al punto cruciale: abbattere o ricostruire? È fuor di dubbio che ciò che rimane dell’antica Colonia è un lunghissimo e altissimo muro di nessuna valenza architettonica. Se volessimo giudicare questo relitto murario con la sensibilità ecologica e paesaggistica attuale, dovremmo concludere senza mezzi termini che è un pugno nell’occhio, un ecomostro sospeso sulle bellissime e incolpevoli grotte Cazzafri. Mai e poi mai oggi una sopraintendenza potrebbe approvare un progetto edilizio come quello costruito negli anni venti. Su questo penso che L’Amministrazione Comunale non debba avere tentennamenti. Ma in che modo allora recuperare la memoria storica che questo edificio rappresenta? Alle spalle di questo blocco murario esiste un’altra unità edilizia, da sempre proprietà comunale, dove si svolgevano le attività scolastiche dei bambini ricoverati, di dimensioni e gusto architettonico molto meno invasivi del blocco principale. Questa unità edilizia, adeguatamente ristrutturata, potrebbe diventare il cuore di un parco pubblico di inestimabile valenza paesaggistica, un centro integrato di servizi turistici, dove anche conservare la memoria storica del luogo attraverso una stanza-museo con una raccolta fotografica di tutte le testimonianze storiche di Leuca dell’ottocento e del primo novecento. Io sono possessore di una modesta collezione di immagini della vecchia Leuca, e come me ce ne sono altri che certamente sarebbero felici di donare a questo scopo cartoline illustrate e documenti cartacei raccolti con passione e amore per questo angolo d’Italia.

 

    Enzo Pirelli                                                                                                                                                                                      

 


Pubblicato il 25/02/2021


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