È allarme trivelle anche nel mar Ionio Rivolta nel Leccese

È allarme trivelle anche nel mar Ionio
Rivolta nel Leccese
 
GALLIPOLI - Le «trivelle» arrivano nello Jonio. Lo dice la sigla «d 3 F.P – Sc», che identifica un’istanza di permesso di prospezione marina di ricerca di idrocarburi nell’intero Golfo di Taranto da parte della società Schlumberger Italiana. Non solo le perle adriatiche, quindi, ma anche quelle del turismo jonico, da Porto Cesareo a Gallipoli, da Portoselvaggio a Ugento e a Leuca, sono in pericolo.Sull’antica Messapia incombe il rischio di non essere più terra tra due mari azzurri, bensì tra due mari di piattaforme, tra due potenziali bombe ecologiche, schiacciati dagli interessi a sei zeri di due multinazionali: la statunitense Global Med e la Schlumberger, la maggiore compagnia al mondo di servizi per le società petrolifere, la cui sede italiana è a Ravenna.
 
La sua richiesta è stata pubblicata sul «Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse» del Ministero dello sviluppo economico datato 31 ottobre, ma l’origine della pratica è antecedente, trattandosi della ridefinizione di un’area estesa ben 4.025 chilometri quadrati (con una riduzione, bontà loro, di 34 chilometri quadrati rispetto alla precedente).
 
Come si evince dalla mappa tratta dall’anzidetto «bollettino», sono interessati i litorali jonici di Puglia, Basilicata e Calabria, atteso che l’area di ricerca s’incunea nel Golfo di Taranto, definita da una linea che idealmente collega Punta Stilo al Capo di Leuca. Per limitarci al Salento, i Comuni costieri interessati sono Porto Cesareo, Nardò, Galatone, Sannicola, Gallipoli, Taviano, Racale, Alliste, Ugento, Salve, Morciano di Leuca, Patù e Castrignano del Capo e l’area di ricerca dovrebbe avvicinarsi a poco più di 20 chilometri dalle coste.
 
E la presenza di un’area marina protetta come Porto Cesareo? E i parchi naturali come Porto Cesareo e Portoselvaggio di Nardò, il litorale e l’isola di Sant’Andrea di Gallipoli, il litorale di Ugento e quello costiero di Santa Maria di Leuca-Tricase-Otranto? E i siti d’interesse comunitario? E le zone di protezione speciale? Tutto sacrificabile sull’altare dell’oro nero?
 
Dal sito del Ministero si evince che la pratica è in fase istruttoria. Non è facile coltivare la speranza che il «bollino blu», che al momento la contraddistingue, si colori del «rosso» del rigetto, ma intanto il Salento si mobilita. E non solo per la presenza dell’area marina protetta. Il Golfo di Taranto è habitat privilegiato di delfini e non solo. Non può essere trascurato il fatto che, se anche le prospezioni non dovessero essere seguite da trivellazioni, già la sola ricerca di idrocarburi con l’ausilio di onde acustiche prodotte artificialmente provoca gravi danni alle popolazioni marine, come sembrano suggerire i capidogli che continuano a morire. E’ utopico sperare che il Ministero dell’ambiente ricordi che il Golfo di Taranto, invece di regno delle trivelle marine, dovrebbe diventare un «santuario» per i cetacei?
 
fonte:gazzettadelmezzogiorno
a firma  Giuseppe Albahari
 

 


Pubblicato il 16/11/2014


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