“LA FABBRICA DELLE PAROLE”, UN PERCORSO PERMANENTE SULL’ARTE DELLA STAMPA

AL CONVITTO PALMIERI DI LECCE.

Fabbrica delle parole, ovvero una fabbrica di confronti e incontri; fabbrica di pensieri da partecipare e di letture; fabbrica di sguardi e stupori, di riviste e di intellettuali militanti che hanno realizzato “fogli di poesia”; fabbrica di libri, di storie e di futuro che riguardano tante comunità: si configura così questo percorso permanente sull’arte della stampa, che in realtà è un lungo viaggio in cui narrazioni e storie si intrecciano in un itinerario visivo che incontra macchine tipografiche e computer degli albori, caratteri tipografici e altri strumenti che segnano l’evoluzione della tipografia. Ma è anche un luogo vivo, un laboratorio, in cui esperienza e idee si uniscono grazie ad attività didattiche. Si parte già dal 20 giugno con le visite guidate (su prenotazione) a cura di Improvvisart: gli attori del gruppo, vestiti con abiti d’epoca, accompagneranno i visitatori alla scoperta della storia della stampa in Terra d’Otranto.

Non è un caso che la Fabbrica delle parole si inserisca nel percorso intrapreso dal Convitto Palmieri di Lecce, che con la Biblioteca Bernardini si sta sempre più indirizzando come epicentro di percorsi plurali riguardanti la cultura del libro e la lettura, intesa come processo di rigenerazione delle coscienze e di progettazione di possibili futuri che incontrano anche le arti attraverso mostre, pubblicazioni, teatro, cinema e musica, grazie all’impegno delle associazioni e delle tante realtà coinvolte. 

LA FABBRICA DELLE PAROLE: IL PERCORSO PERMANENTE

Potremmo asserire che idealmente la storia della Fabbrica delle parole nasce nel 1903 nella bottega tipografica Lazzaretti, quando Salvatore Martano avvia una stamperia che tramanderà ai figli Vincenzo ed Ernesto, fino ai nipoti. Vincenzo Martano, testimone e custode dell’impresa di famiglia, la cui storia copre più di un secolo, in anni recenti ha donato alla Provincia di Lecce e al Polo biblio-museale una eccezionale selezione di macchine e strumenti tipografici, oggi proposti al pubblico in un allestimento appositamente concepito da un team di esperti.

La dedizione per questo lavoro che mai ha lasciato Vincenzo, ha alimentato la sua passione per il collezionismo di tutto ciò che ha rappresentato la storia della sua famiglia e della stampa tra Otto e Novecento: dall’iconico “torchio a stella” ai vari modelli di “pedaline” per la stampa veloce compreso il modello di “Totò”, alle macchine da stampa “piano – cilindriche” dei primi del Novecento. Un racconto che non tralascia nulla, comprendendo una serie di strumenti per il ciclostile, sistema per la copiatura, che introduce alle macchine fotocopiatrici degli anni Settanta basate sull’invenzione di Carlson per la riproduzione xerografica di un documento. Da qui al digitale il passo è così breve da ritrovarci davanti ad una serie di Microcomputer Macintosh, tra cui il modello Apple 1976, il primo personal computer della storia. 

Preziosa anche la sezione dedicata ai periodici culturali che dalla fine dell’Ottocento alla fine del XX secolo hanno contrassegnato la storia dell’editoria in Terra d’Otranto. 

Tra le esperienze più significative, certamente “L’Albero”, rivista collegata alla straordinaria esperienza culturale di Girolamo Comi avviata a Lucugnano nel 1949, e “L’esperienza poetica”, 1954, di Vittorio Bodini; per giungere poi negli anni Settanta e Ottanta con personalità come Antonio Verri, ideatore di riviste letterarie quali il “Caffè Greco”, il “Pensionante de’ Saraceni” e il “Quotidiano dei poeti” e Francesco Saverio Dòdaro, fondatore del Movimento di Arte Genetica con l’avvio della rivista “Ghen”, 1977, entrambi promotori di una cultura antiaccademica e plurale.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Pubblicato il 22/06/2020


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